21. Marzo 2018

Il 90 per cento del volume di ghiaccio dei ghiacciai e delle vedrette svizzeri sarà scomparso alla fine di questo secolo. Nelle pianure non cadrà quasi più neve. È quanto afferma Jürg Schweizer, Direttore dell’Istituto WSL per lo studio della neve e delle valanghe (SLF) a Davos.

tob. Ci sono sempre ancora persone che dubitano che il riscaldamento del clima sia collegato alle emissioni di CO2 causate dall’uomo. Come convincere questi dubbiosi?
Probabilmente ci saranno sempre delle persone che non si possono convincere nemmeno coi fatti scientifici. L’evidenza è schiacciante. Il clima sta cambiando e l’umanità ne è la principale responsabile.

Perché la Svizzera è particolarmente colpita dai cambiamenti climatici?
In Svizzera il riscaldamento è finora di circa 1,5 gradi, approssimativamente una volta e mezzo superiore alla media globale. Ai poli e nelle regioni di montagna il riscaldamento climatico è particolarmente pronunciato. Perciò i paesi montagnosi, come la Svizzera, sono mondialmente più colpiti dal cambiamento climatico rispetto alle regioni pianeggianti. Che le Alpi siano particolarmente sensibili, ha anche a che fare con la fisica. A zero gradi la neve e il ghiaccio si sciolgono. Se però questa superficie bianca viene meno, c’è molta meno riflessione dell’irraggiamento solare e il suolo si scalda ancora di più. Nelle zone prima coperte dalla neve c’è un effetto secondario che rafforza il riscaldamento climatico – con la conseguenza che la neve e il ghiaccio si siolgono sempre più velocemente. Il piccolo passaggio dai gradi sottozero ai gradi sopra questo limite ha perciò conseguenze notevoli, i cambiamenti qui non sono più uniformi.

Lei studia anche il permafrost nelle montagne. Cosa risulta dai carotaggi?
Constatiamo che anche il terremo costantemente gelato alle alte quote si è scaldato, particolarmente dopo il 2009.

Il permafrost si scioglie, ci sono più frane e scoscendimenti. È davvero così o abbiamo questa impressione perché le persone sono più spesso presenti in zone ad alta quota?
Nelle estati calde riceviamo effettivamente più segnalazioni di cadute di massi. Lo scioglimento del permafrost ha un effetto diretto sull’attività del terreno e sulle frane. Per gli eventi minori le osservazioni sono certamente incomplete e non è possibile individuare dei trend. Le grandi frane sono di solito ben documentate, ma sono troppo rare per un’analisi statistica. Se si scaldano rocce fortemente frammentate, si scioglie il ghiaccio e così può penetrare più acqua. Quando la pressione dell’acqua sale, possono destabilizzarsi grosse masse di roccia e scatenare frane come quella del Pizzo Cengalo presso Bondo. Sono processi complessi, che sovente hanno una lunga storia precedente.

Come si comportano i ghiacciai rocciosi?
Neve e macerie di roccia ai piedi delle pareti rocciose formano zone ricche di ghiaccio, i cosiddetti ghiacciai rocciosi, che si spostano lentamente verso valle. Se il ghiaccio di un ghiacciaio roccioso si scioglie per anni, resta molto materiale sciolto sul terreno. In caso di forti precipitazioni, questo materiale può improvvisamente cominciare a scivolare. Si formano così degli scoscendimenti che possono arrivare fino alle zone abitate.

Quando scomoparirà l’ultimo ghiacciaio della Svizzera?
Se il cambiamento climatico continua al ritmo attuale, entro la fine di questo secolo il 90 % del volume di ghiaccio si sarà sciolto. Le superfici ghiacciate si ridurranno a un quinto e i ghiacciai rimanenti saranno molto più sottili che oggi. Ghiacciai ce ne saranno probabilmente solo sopra i 3’000 metri, soprattutto nella regione della Jungfrau e nelle Alpi vallesane …

… e avremo sempre meno giorni con una bella nevicata e con neve sul terreno?
Sì, è così. La durata della copertura nevosa si ridurrà fortemente e l’altezza della neve diminuirà parecchio. Mürren, nell’ Oberland bernese, è situato a 1’600 metri sul livello del mare. Noi riteniamo che lì alla fine del 21° secolo ci sarà una copertura nevosa solo la metà dei giorni rispetto a oggi. Nel Mittelland non vedremo quasi più la neve o allora solo molto brevemente. Se consideriamo che una stazione sciistica ha bisogno di almeno 100 giorni con una coltre nevosa di almeno 30 centimetri per essere ritenuta a innevamento sicuro, allora questo sarà probabilmente il caso solo sopra i 2’000 metri alla fine di questo secolo.

I ghiacciai immagazzinano acqua e la restituiscono ai fiumi d’estate. Come dobbiamo immaginare i nostri fiumi e ruscelli se non ci sono più i ghiacciai?
Tendenzialmente nei prossimi 50 anni ci sarà più acqua nelle zone nel cui bacino sono presenti dei ghiacciai, poi diminuirà, possibilmente ce ne sarà meno di oggi. Inoltre, il deflusso sarà distribuito diversamente nel corso dell’anno, d’estate piuttosto con meno, d’inverno invece con più acqua. Nelle estati molto secche ci potrebbero essere dei conflitti quanto all’ uso dell’acqua.

È davvero così che, a causa del CO2 già presente nell’atmosfera, le temperature continueranno a salire ancora a lungo, anche se gli stati dovessero adottare misure rigorose?
La temperatura nell’atmosfera reagisce con relativa rapidità – in una scala temporale da uno fino a pochi decenni – ai cambiamenti del tenore di CO2. Se si riuscisse a stabilizzare il livello di CO2, la temperatura smetterebbe di salire. Tuttavia, il nostro sistema climatico è in sé molto lento e molti processi causati dal riscaldamento continueranno ancora per molti decenni e secoli, perfino con una stabilizzazione o con una riduzione della concentrazione di CO2 nell’atmosfera. Anche se limitiamo drasticamente le emissioni di CO2, i ghiacciai scompariranno in ampia misura e il livello del mare si alzerà di 50 o 60 centimetri entro la fine del secolo. Non possiamo più impedire il cambiamento climatico, ma limitarne la portata, se interveniamo adesso. Secondo l’ultimo rapporto dell’IPCC è anche economicamente più sensato adottare delle misure per tempo per evitare il cambiamento del clima, piuttosto che dover poi fare i conti con le sue conseguenze.

L’Iniziativa delle Alpi raccomanda di ridurre le emissioni di CO2 in tutti i settori, perciò anche quello del traffico merci. Lo ritiene sensato?
Se vogliamo raggiungere l’obiettivo dichiarato dalla comunità degli stati e anche dalla Svizzera con l’accordo di Parigi, cioè un riscaldamento climatico non superiore agli 1,5 fino 2 gradi rispetto al periodo preindustriale – e così limitare le conseguenze del cambiamento climatico –, allora dobbiamo ridurre le emissioni del gas a effetto serra CO2. Anche nel settore del traffico.

Cosa le duole maggiormente rispetto al riscaldamento del clima?
Personalmente mi sento malinconico quando vedo scomparire i campi di neve e i ghiacciai. Per me rappresentano un valore importante dei paesaggi montani. Le montagne sono vere montagne solo con la neve e il ghiaccio.

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Jürg Schweizer dirige l’Istituto WSL per lo studio della neve e delle valanghe (SLF) di Davos. Dirige a.i. anche il programma di ricerca del WSL sugli effetti dei cambiamenti climatici sui movimenti di masse nelle montagne. Jürg Schweizer, 57, è fisico ambientale ed è arrivato al SLF tramite una dissertazione sugli scivolamenti dei ghiacciai.

Il clima a Palazzo federale

mh. Nessuna svolta energetica senza una svolta nei trasporti. Questo messaggio non sembra ancora aver raggiunto il Palazzo federale. Eppure il Parlamento federale nei prossimi mesi si occuperà nuovamente dei cambiamenti climatici, rispettivamente della revisione della legge federale sulla riduzione delle emissioni di CO2 (Legge sul CO2).

Con la ratifica dell’accordo sul clima di Parigi nell’ottobre 2017, la Svizzera si è impegnata a ridurre del 50 % le emissioni di gas a effetto serra entro il 2030 rispetto al livello del 1990. Il traffico è attualmente la maggior causa di emissioni di CO2 in Svizzera. Tuttavia, per il traffico delle merci su strada non sono finora previste misure per contenere le emissioni.